Introduzione 

Prima di riprogettare Lavinio, occorrerebbe definire cosa è Lavinio e l’operazione appare meno banale di quel che sembra. Lavinio è un quartiere? Una periferia? Un paesino o una città? L’urbanizzazione informe e non governata (o mal governata) dalla sua nascita ad oggi rende difficile capire anche quali sono i possibili confini di Lavinio rispetto al resto dell’abitato del territorio anziate. Un punto di partenza possibile per definire e quindi ripensare e riprogettare il territorio di Lavinio è il sentimento di appartenenza provato dai suoi abitanti. Un sentimento che è insieme affetto e attaccamento, ma anche nostalgia, rabbia, e soprattutto estraniamento provato rispetto al resto della città di Anzio, rispetto alle sue istituzioni e alla politica locale. Negli anni e a più riprese diversi abitanti sono arrivati a chiedere la scissione di Lavinio dal resto della città di Anzio, come extrema ratio nella speranza di iniziare ad avere le attenzioni dovute. D’altronde, il peso dei residenti di Lavinio rispetto a quelli dell’intera città è tutt’altro che trascurabile: parliamo di circa 16.000 residenti sui 49.000 di Anzio (dati censimento ISTAT 2011)[1], quasi il 30%, percentuale maggiore di tutte le altre frazioni del Comune. Il peso in termini contributivi dei residenti di Lavinio sul bilancio del Comune appare assolutamente sproporzionato rispetto alle attenzioni e agli investimenti ricevuti.

Nella convinzione che la scissione, oltreché essere impraticabile per motivi tecnici e normativi, non è una soluzione ai problemi del territorio, questo contributo vuole essere l’inizio di un processo di progettazione lungo ma costante, e soprattutto partecipato, attraverso il quale ricostruire una razione virtuosa tra istituzioni e cittadini, anche attraverso il coinvolgimento dei corpi intermedi, delle associazioni di categoria, i comitati di quartiere ecc.

La direzione da intraprendere è una paziente ricostruzione del tessuto sociale, far emergere l’amministrazione pubblica come dispensatore di beni e servizi, attivatore di processi di emancipazione sociale, animatore di pedagogia pubblica.

Se si vuole veramente dare un futuro a Lavinio non basta intervenire con operazioni di decoro urbano, che pur sono necessarie e urgenti come verrà mostrato di seguito, occorre ricostruire un tessuto sociale solido, tirar fuori dalla cittadinanza il senso civico latente ma presente in abbondanza, come testimoniato dalla numerosa presenza di associazioni e comitati, iniziative civiche spesso auto organizzate, che esprimono la forte volontà degli abitanti di riappropriarsi del proprio contesto di vita.

Dal punto di vista delle politiche pubbliche occorre anzitutto sottolineare la necessità di interventi sociali forti e strutturali. La questione abitativa e quella occupazionale rappresentano nodi cruciali da affrontare nel percorso da intraprendere. Pensiamo alle problematiche del quartiere di edilizia residenziale pubblica dello Zodiaco, in cui la gestione degli immobili “popolari” è lasciata al caso (o peggio, alla criminalità organizzata). Si tratta di far fronte all’annosa questione delle tante persone senza casa e delle tante case senza persone. Oppure pensiamo alle dinamiche innescate dal forte pendolarismo con Roma (in cu sono concentrate le opportunità lavorative) che rendono Lavinio un quartiere-dormitorio per molti. In questa prima fase del percorso non possono essere affrontate tutte le questioni insieme. Noi perlomeno non abbiamo attualmente gli strumenti (e il potere) per farlo, ma abbiamo ritenuto necessario esplicitare da subito l’importanza di avere un cosiddetto approccio integrato alla riqualificazione urbana. Interventi isolati, per quanto nobili, non bastano. Occorre recuperare una visione di insieme del territorio, costruita collettivamente con la cittadinanza.

Un’ultima premessa: sappiamo che il territorio di Anzio è vasto ed esistono quartieri con difficoltà analoghe. L’ambizione che abbiamo è quella di far sì che il Progetto Lavinio diventi un’esperienza pilota da estendere alle altre frazioni. Non è la competizione tra quartieri che bisogna innescare, ma la cooperazione di tutta la città.


[1] Oggi la popolazione di Anzio arriva a 54.000 residenti circa. I 16.000 residenti comprendono Lavinio Mare e Lavinio Stazione. Bisogna tener conto della impossibilità di delimitare perfettamente i confini amministrativi di Lavinio.

Breve inquadramento del territorio

 

Come già detto, definire e di conseguenza perimetrare Lavino non è semplice. Al di là delle possibili perimetrazioni amministrative in questo caso si è scelto di tenere dentro una porzione ampia di territorio, seguendo in parte i tracciati disegnati dalle sezioni di censimento ISTAT in occasione del censimento permanente della popolazione del 2011. L’area così individuata a nord è delimitata dalla strada provinciale Via delle Cinque Miglia, ed è confinante con l’abitato di Padiglione, dove è localizzata la vecchia area industriale del Comune, ora in parte dismessa e in parte funzionante. A ovest i confini sono rappresentati dal Mar Tirreno, e quindi tale perimetrazione comprende anche tutta la zona di Lavinio Mare, a sud dalla Riserva di Tor Caldara/Vignarola e dallo stradone Sant’Anastasio fino al confine con Villa Claudia. Ad est il perimetro è disegnato in parte dal confine amministrativo del Comune di Anzio, in parte da via dell’Armellino, fino a via Batteria Siacci.

Questo perimetro contiene diversi elementi rilevanti (e problematici), come i due quartieri popolari Zodiaco e Caracol, la stazione ferroviaria di Lido di Lavinio della tratta FR8 Roma - Nettuno. L’edificato non ha una forma chiara e gli unici elementi strutturanti l’assetto urbanistico sono la ferrovia, le strade provinciali Ardeatina a est e via delle Cinque Miglia a nord e la strada urbana Viale di Valle Schioia.

Il tessuto urbano è caratterizzato dalla elevata presenza di insediamenti residenziali a densità medio-bassa con tipologie edilizie di medio e scarso pregio salvo alcune notevoli eccezioni e la scarsissima presenza di aree verdi accessibili e attrezzature e servizi pubblici. Gli unici punti storici di aggregazione del quartiere sono rappresentati dai due istituti comprensivi Collodi e Virgilio e dal Centro ecumenico. Nella zona a nord-ovest, tra Lavinio e Padiglione è presente una zona industriale importante (in blu nella mappa), in parte ancora funzionante, in parte abbandonata con necessità di recupero per la connessione dei due quartieri. All’interno di questa zona è presenta anche un’area destinata in origine ad ospitare la città artigiana, mai realizzata e ora lasciata in stato di degrado.

Ѐ importante poi dividere Lavinio Mare da Lavinio Stazione[1], sia per storia che per conformazione attuale. Quest’ultima, in questo primo momento, costituisce il centro dell’attenzione di questo lavoro in quanto rappresenta l’area urbana con maggiori criticità con maggiore bisogno di interventi.


[1] Potremmo individuare, anche se in maniera un po’ approssimativa, Piazza del Consorzio (che di fatto è una rotonda) come spartiacque tra le due zone: Lavinio mare a est e Lavinio stazione a ovest

Breve storia urbanistica di Lavinio

Nel documentario “La favolosa storia di Lavinio” a cura della professoressa Maria Antonietta Lozzi Bonaventura sono ripercorse tutte le tappe della nascita e dell’evoluzione di Lavinio con un accurato livello di dettaglio, dando ampio spazio ai caratteri naturali del territorio, i quali, dove rimasti ancora oggi, rappresentano uno dei suoi maggior pregi.

Gli aspetti che qui preme sottolineare sono invece quelli relativi ad alcuni ‘errori’ urbanistici fondamentali rispetto ai quali oggi ci dobbiamo misurare. Se non capiamo cosa non ha funzionato, difficilmente potremmo migliorare il futuro.

Il ‘peccato originale’ di Lavinio Stazione risale alla sua fase originale di espansione, a partire dalla fine degli anni ’60. La fondazione di Lavino può essere attribuita alle operazioni di bonifica dei residui bellici all’indomani del secondo conflitto mondiale e alla conseguente nascita della località balneare della borghesia romana. Ѐ a partire dalla fine degli anni ’60, però, che inizia il processo di intensa lottizzazione dei terreni appartenenti alle famiglie nobiliari come i Borghese, in totale assenza di pianificazione del territorio. I lotti acquistati e costruiti dalle famiglie che all’epoca si insediarono a Lavinio coincidevano con i terreni agricoli preesistenti. Di conseguenza anche il reticolo stradale, lo stesso presente oggi, ricalcava le capezzagne dei terreni presenti in precedenza. Le strade della Lavinio contemporanea non hanno quindi misure adeguate per la realizzazione di marciapiedi, piste ciclabili, o altre funzioni pubbliche, con l’eccezione, solo in parte, di Viale di Valle Schioia.

Lo strumento urbanistico che avrebbe dovuto occuparsi della pianificazione del territorio anziate è il Piano Regolatore Generale (PRG) approvato nel 1974, definito “scandalosamente permissivo” anche nella relazione generale della sua variante del 2005 (ovvero quello oggi è considerato il PRG vigente). Durante i decenni successivi, infatti, non si arrestano né le edificazioni selvagge nel territorio anziate né il drammatico fenomeno dell’abusivismo. Ciò è ancor più grave se si considera che è tra gli anni ’70 e ’90 che si verifica il maggior incremento di insediamenti residenziali a Lavinio (fig.4 Dati ISTAT 2011).

All’inizio del nuovo millennio la nuova variante Generale al Piano Regolatore, approvata poi nel 2005, sarebbe dovuta intervenire nei quartieri informi del territorio anziate, inserendo nuove funzioni, standard urbanistici (aree a verde pubblico, attività collettive, edilizia scolastica, parcheggi), valorizzando il connubio ambiente-storia-archeologia, realizzando un assetto territoriale definito policentrico. Il fallimento di questo strumento urbanistico è purtroppo sotto gli occhi di tutti. Non solo perché in fase di gestione di piano l’amministrazione pubblica è stata assente (basti pensare alla mancata attuazione dell’ufficio di piano, la “garanzia di una gestione continua e partecipata” secondo il progettista), non solo perché ha inseguito la congiuntura economica internazionale ubriaca di un’euforia immobiliare che conteneva la bolla economica che sarebbe scoppiata di lì a pochi anni, ma anche per le scelte strategiche di fondo adottate.

In sintesi, come strumento per l’acquisizione di aree e servizi per la collettività, il Piano Regolatore ricorre allo strumento della perequazione ristretta, ovvero all’individuazione di alcuni comparti di espansione edilizia formati da più proprietari che avrebbero dovuto costituirsi in forma di consorzio. Questi proprietari consorziati avrebbero dovuto realizzare imponenti costruzioni residenziali incamerando la rendita fondiaria prodotta, in cambio della cessione al Comune di alcune aree per i servizi mancanti. Questo strumento si è rivelato talmente fallimentare che praticamente nessun comparto è stato realizzato, sia per la difficoltà dei proprietari di accordarsi e quindi consorziarsi, sia perché il mercato immobiliare, in ascesa fino al 2011/2012 e poi a picco fino ad oggi con possibilità di ripresa pressoché nulle, è stato saturato dalle altre aree che il Piano ha reso edificabili senza previsione di ulteriori servizi[1].

Ad oggi tutto il territorio di Anzio abbonda di case invendute o peggio incompiute. I valori immobiliari sono caduti bruscante e si presenta il paradosso per cui i proprietari che hanno terreni edificabili devono pagare enormi tasse comunali senza che questi terreni producano alcun reddito. I suoli naturali e agricoli sono stati fortemente compromessi dall’urbanizzazione (il Comune di Anzio presenta un tasso di consumo di suolo del 28%, secondo solo a Ciampino nell’Area Metropolitana di Roma) e la carenza cronica di servizi e spazi pubblici è drammaticamente aumentata in rapporto all’aumento della popolazione. Nel territorio gli standard urbanistici sono al limite dell’inesistenza e l’abitato di Lavinio soffre forse più di altri questa assenza di servizi in relazione all’aumento degli abitanti e all’emergere di forti criticità sociali, ambientali e culturali.


[1] I comparti rappresentano le zone omogenee C, dette di espansione, secondo il MD 1444/68. Le altre zone edificabili a fini residenziali sono le zone omogenee che il DM 1444/68 definisce zone B, ovvero aree già parzialmente urbanizzate, chiamate “di completamento”. Le zone B, divise in 5 sottozone, prevedevano nel piano la realizzazione di circa 5.500 abitazioni per 13.000 nuovi abitanti insediati.

Principali criticità di Lavinio oggi 

Nell’ormai vasto territorio laviniense si registra ancora oggi la drammatica assenza di una piazza pubblica. Gli unici spazi con funzioni aggregative minime sono le piazzole antistanti le attività commerciali che resistono lungo Viale di Valle Schioia (quando non sono occupati da parcheggi), garantendo un minimo di socialità e vitalità cittadina durante il giorno. L’unica area verde che effettivamente garantisce funzioni aggregative è rappresentata dal parco di via delle bouganville, dove i ragazzi del campo da basket autotassandosi sono riusciti a montare i canestri per giocare[1]. A Lavinio Mare è presente una piccola area giochi per bambini, mentre a Lavinio Stazione i parcheggi della scuola Collodi sono utilizzati come campi da cricket. Questa assenza di spazi pubblici non è più considerabile tollerabile oggi: ha abbassato notevolmente la qualità della vita degli abitanti e il capitale sociale di tutto il quartiere. 

Altre problematiche registrate oggi e prodotte da decenni assenza delle istituzioni e di errori urbanistici sono: 

Assenza di manutenzione stradale: le strade interne sono talvolta assolutamente impraticabili.

Via di Valle Schioia è stata solo recentemente riasfaltata per i primi due tratti, senza tuttavia sistemare i marciapiedi. L’alberatura stradale fatta di querce secolari che caratterizzava Lavinio dandole una forte identità storica e territoriale sta scomparendo progressivamente. Gli alberi abbattuti non vengono rimpiazzati. Questa assenza contribuisce al depauperamento del territorio: viene meno la componente identitaria del luogo, è compromessa la visibilità in automobile e soprattutto è disincentivata la mobilità dolce (ciclabile e pedonale) nelle giornate soleggiate o di leggera pioggia. 

Problemi di viabilità e mobilità: il tasso di utilizzo dell’automobile privata è estremamente elevato anche a causa dell’inefficace trasporto pubblico, provocando congestioni e inquinamento; la tratta ferroviaria utilizzatissima sarebbe dovuta diventare una metropolitana leggera garantendo corse ogni 10/15 minuti (nell’idea di Piano Regolatore originaria), ma oggi è ancora una linea regionale che svolge al tempo stesso le funzioni di trasporto pubblico locale, “garantendo” corse ogni ora e solo la mattina fino alle 8.30 ogni mezz’ora, causando notevoli disagi alla elevata popolazione pendolare. 

Problema rifiuti: Il giustissimo passaggio alla modalità di raccolta porta a porta dei rifiuti risulta fortemente problematico a diversi anni dalla sua attuazione. Il servizio presenta gravi carenze, soprattutto nei confronti della popolazione non permanente (turisti e proprietari di seconde case). Le strade interne sono spesso utilizzate come piccole discariche a cielo aperto, disseminate su tutto il territorio. 


[1] In questo parchetto sono stati avviati oggi dei modesti lavori di arredo.

Strategie e Politiche da attuare 

Come detto in premessa tra le linee principali di azione ci sarebbero quelle indirizzate alle politiche sociali e occupazionali. Basti pensare all’assenza totale di risorse stanziate dal bilancio comunale del 2020 sulle voci “diritto alla casa” e “interventi per i soggetti a rischio esclusione sociale”, o al fallimento del progetto della città artigiana, tra Lavinio Stazione e Padiglione. Bisognerebbe tornare a stanziare risorse su questi temi, coinvolgere Enti quali l’ATER o l’INPS per la questione abitativa. Sarebbe poi necessario scrivere e attuare il regolamento per governare e limitare il proliferare delle sale slot (recependo la LR n.7 del 22 ottobre 2018 art.77 che dà le direttive per il contrasto al fenomeno della ludopatia). Sarebbe utile, poi, utilizzare con maggiore intelligenza i protocolli con le forze dell’ordine: recentemente questi hanno portato alla militarizzazione del territorio, con posti di blocco ovunque in pieno giorno, senza un obiettivo specifico, mentre interi palazzi pubblici controllati dalla criminalità non vengono toccati. Una proposta potrebbe essere quella di far insediare un commissariato di polizia o dei carabinieri nei locali della stazione di Lavinio.

In questa sede, tuttavia, si affronteranno principalmente questioni relative alla riqualificazione del territorio, cercando di mantenere comunque un approccio integrato.

1) Costituzione di un Laboratorio di quartiere 

Il Laboratorio di quartiere è concepito come luogo di sviluppo delle progettualità e delle azioni, ma soprattutto di dialogo e collaborazione tra soggetti diversi: istituzioni ed amministrazioni pubbliche (a questo scopo l’istituzione di un “assessorato alle periferie e alla partecipazione” sarebbe fondamentale), agenzie ed enti di servizio, abitanti e loro organizzazioni, reti di commercianti e associazioni di categoria in generale, centri anziani, rappresentanze sindacali, operatori economici. Ѐ un luogo di elaborazione di progetti e iniziative di “rigenerazione urbana” intesa in senso più ampio. L’amministrazione dovrebbe supportare questi laboratori anche in termini di ricerca di finanziamenti. La priorità è soprattutto nei quartieri di edilizia residenziale pubblica, come Caracol e Zodiaco, ma non ci si può fermare lì. La sua funzione non può essere limitata ad un aspetto di “progettazione” (soprattutto fisica), ma si deve progressivamente trasformare in un “centro civico”, in un “polo di servizi e di attività a servizio dei quartieri” che può e deve riguardare tutto il territorio. Da questo punto di vista diventa necessario individuare una struttura fisica che abbia il ruolo di centro polifunzionale. Ѐ un luogo di riferimento dove non si svolgono soltanto progettualità, ma si gestiscono attività ed iniziative (sociali e culturali) come, ad esempio, scuole di lingua per stranieri, nidi e ludoteche locali, una biblioteca, cineforum, agenzie di collocamento, o ancora servizi come quelli legati alle attività sportive, o scuole di danza, o scuole di teatro, ecc. Ed ancora centri che sviluppano iniziative nel campo del lavoro e delle economie locali.

Un ruolo fondamentale è (o può essere) svolto dalle scuole, come centro propulsore e catalizzatore di attività, servizi e progetti, anche in ragione della disponibilità di spazi ed attrezzature (palestre, biblioteche, ecc.). In giro per l’Italia di esperienze virtuose di questo tipo se ne trovano diverse. 

2) Gestione condivisa beni comuni 

I beni comuni a disposizione della collettività, che siano immobili pubblici, spazi o aree verdi, soffrono oggi gravi carenze gestionali. La loro piena fruibilità deve essere un obiettivo prioritario di qualsiasi amministrazione. L’approvazione, ma soprattutto la concreta applicazione, di un regolamento per la gestione dei beni comuni (sul modello Labsus ad esempio, riadattato alle esigenze locali) è la soluzione migliore per far fonte alla questione. In questo modo si costruisce un rapporto tra amministrazione e abitanti che coinvolga attivamente questi ultimi nella gestione del territorio creando una responsabilizzazione civica, senza che l’amministrazione scarichi sui cittadini di buona volontà le proprie inadempienze e responsabilità. L’amministrazione, infatti, partecipa attivamente alla realizzazione dei progetti, al finanziamento, alle coperture assicurative ecc. Tale modalità di gestione è da integrare con lo strumento del bilancio partecipativo da adottare per tutto il territorio comunale[1]

3) Riqualificazione Viale di Valle Schioia 

Essendo questo l’unico asse stradale con spazio a sufficienza per intervenire è fondamentale ripristinare l’asfalto lungo tutto il tratto di 3 chilometri, rifare i marciapiedi e realizzare dei percorsi ciclopedonali, aumentare secchi e colonnine per la distribuzione delle dog toilette, inserire le panchine, le pensiline degli autobus[2] e ripristinare l’alberatura stradale (Vedi progetto allegato). 

4) Ricucitura di alcune connessioni strategiche 

Si tratta di realizzare alcune connessioni tra i pochi luoghi di aggregazione rimasti nel quartiere, ed in particolare il Centro Ecumenico e i due istituti scolastici Collodi e Virgilio. Tali interventi andrebbero inseriti all’interno di un Piano Particolareggiato, in parte già realizzato ma mai attuato.[3] 

5) Riqualificazione area artigiana[4] 

Nell’area industriale tra Padiglione e Lavinio stazione, accanto ad alcuni insediamenti produttivi funzionanti e rilevanti, esistono diverse aree abbandonate e degradate da ogni punto di vista. In particolare, una fabbrica abbandonata nel terreno compreso tra via Verga e Via delle Cinque Miglia, diventata nel tempo una discarica a cielo aperto, e l’area dove avrebbe dovuto insediarsi grazie al PIP la città artigiana, che oggi ospita in parte una delle due isole ecologiche comunali e in parte risulta in stato di abbandono. Vista la destinazione d’uso dell’area (artigiana) va da sé che la creazione di uno spazio fiera in pianta stabile potrebbe essere il volano per la conoscenza di chi opera sul territorio di Anzio e porterebbe la possibilità di far conoscere le potenzialità del territorio. Inoltre, lo sviluppo urbano potrebbe essere di supporto al rilancio ambientale della zona, creando spazi ricreativi sia per bambini che per tutta la popolazione, con la creazione di palestre all’aperto. La creazione di percorsi pedonali/ciclabili sarebbe anche auspicabile per valorizzare tutto il quartiere di Lavinio.


[1] http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/customer-satisfaction/ascolto-e-partecipazione-dellutenza/bilancio-partecipativo/

[2] Mesi fa è stata attuata una convezione per la realizzazione delle pensiline con la società Cotral che dovrebbe essere attuata in temi ragionevoli.

[3] Esistono diversi Piani Particolareggiati, relativi anche ad altri quartieri di Anzio, redatti per l’attuazione del PRG del 1974. Sarebbe interessante recuperarli e verificare la loro validità contemporanea nella commissione urbanistica comunale.

[4] Contributo di Maurizio Mariani

6) Abolizione Consorzio di Lavinio 

Il Consorzio Sant’Olivo e Sant’Anastasio fu costituito nel 1950 per la manutenzione delle strade nate dalle lottizzazioni dell’epoca. Oggi la sua funzione è del tutto esaurita e molti cittadini di Lavinio si trovano a dover pagare doppie tasse ingiustamente. Al di là dei risultati delle molteplici battaglie legali avviati dai comitati di cittadini, la politica locale può risolvere l’annosa controversia: con deliberazione comunale è possibile prendere in carico la manutenzione delle strade facenti parti del Consorzio così da esaurire il suo fine e portare alla cessazione della sua attività[1]. 

7) Trasporto pubblico e viabilità 

Potenziare il trasporto pubblico locale è importante per diversi motivi: ambientali e sanitari, ma anche per lo sviluppo e la promozione turistica, per aumentare la vitalità del quartiere e del capitale sociale degli abitanti, per ridurre i tempi di percorrenza e favorire il commercio locale, per restituire, soprattutto, tempo quotidiano ai pendolari.

A questo proposito occorre agire su due linee: il potenziamento del trasporto pubblico locale (aumento corse, abbonamenti per i residenti, inserimento pensiline alle fermate con maggiori informazioni sui percorsi, costo biglietti, modalità di acquisto ecc.) e quello della linea ferroviaria regionale FR8 Roma – Nettuno. In questo caso bisogna coinvolgere gli Enti superiori e gli altri comuni per il raddoppio delle frequenze dei treni e la riduzione del tempo di viaggio. Il Piano Regionale dei trasporti ha già previsto il raddoppio della tratta tra Campoleone e Aprilia. Il PUMS (Piano urbano della Città Mobilità) della Città Metropolitana di Roma Capitale ora in corso di approvazione è un’occasione importante per raddoppiare la tratta negli altri punti necessari nella tratta tra Aprilia e Nettuno.

Un ulteriore intervento ipotizzabile riguarda la viabilità stradale. Il tratto parallelo a Viale di Valle Schioia, costituito da Via Panzacchi e Via Cesare Pavese (fig 5), se rafforzato e completato nei circa 200 metri mancanti, fino al raggiungimento di Via Dante, potrebbe migliorare la viabilità generale e alleggerire il carico veicolare su Viale di Valle Schioia, così da rendere possibili maggiori interventi relativi al punto precedente. 


[1] Questa strategia trova alcuni precedenti, tra cui l’azione avviata nel 2019 dal Municipio VII di Roma che ha portato alla cessazione dell’attività del consorzio, ottenendo la vittoria al TAR. Al di là dello strumento che si sceglie di utilizzare, la questione ha innanzitutto una natura politica: in consiglio comunale l’attuale amministrazione si è dichiarata favorevole all’esistenza del Consorzio.